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Legge elettorale, la pistola scarica di Salvini e il masochismo dem
di Massimo Villone dal Manifesto del 17/9/2019
A Pontida Matteo Salvini propone un attacco referendario alla legge elettorale, da trasformare in totalmente maggioritaria. La proposta segue al ricompattarsi del centrodestra, e reagisce alla voglia di proporzionale in giallorosso. È un remake del passaggio dal proporzionale al maggioritario del Mattarellum del 1993. Ma oggi è una pistola scarica. Salvini pensa a una richiesta referendaria avanzata da cinque consigli regionali, ex articolo 75 della Costituzione. Nord, e quindi la partenza è possibile. Ma dovrebbero presentare, per l’art. 32 della legge 352/1970, una identica richiesta entro il 30 settembre per votare nel 2020. Diversamente, si voterebbe tra il 15 aprile e il 15 giugno 2021, tardi per la strategia salviniana di risultati il più possibile rapidi. Inoltre, saremmo vicini al semestre bianco in cui Mattarella – che scade ai primi di febbraio 2022 – non potrà sciogliere le camere. Quindi, entro pochi giorni da oggi si dovrebbe scrivere un quesito referendario, da far approvare dai consigli in tempo utile, per un ritaglio della normativa esistente. Cancellare una parola qui, un comma là, per espungere dal testo la quota proporzionale. Bisognerebbe assicurare l’immediata applicabilità della disciplina come risultante dal ritaglio. Diversamente il quesito sarebbe inammissibile. La legge elettorale è costituzionalmente necessaria, e non è tollerabile un vuoto normativo. Zaia ci ha già informato di avere una squadra di autorevoli accademici che ha scritto per l’autonomia differenziata un progetto «intriso di Costituzione» (Corriere del Veneto – Venezia Mestre, 7.9.2019). Certo sarebbero disponibili anche per la nuova impresa. Ma il ritaglio rispondente ai criteri sopra indicati è difficile, a prescindere. E anche se riuscissero a scrivere il quesito (o i quesiti) nei termini indicati qualche problema rimarrebbe. La nuova maggioranza potrebbe azzittire Salvini approvando prima del 30 settembre – data ultima per la presentazione del quesito – una legge elettorale proporzionale. Se mancasse in essa qualsiasi accenno al maggioritario, un quesito referendario – che è solo abrogativo, e non può introdurre norme nuove non ricavabili da quelle esistenti – non potrebbe raggiungere l’obiettivo. Una nuova legge elettorale prima del 30 settembre è fantapolitica. Ma anche una legge proporzionale approvata dopo quella data potrebbe fermare Salvini. Essendo il segno opposto al fine perseguito dai promotori del referendum, secondo un’antica giurisprudenza costituzionale il quesito già presentato potrebbe essere trasferito sulla nuova normativa. Ma come trasferire un quesito volto ad abrogare la quota proporzionale su un testo compiutamente ed esclusivamente proporzionale? Equivarrebbe a una abrogazione integrale della legge, come già detto inammissibile. O comunque a un quesito eccessivamente manipolativo, parimenti inammissibile per le più recenti pronunce della Corte. Pontida, con le sue intolleranze, gli insulti, le invettive, le pulsioni razziste e antimeridionali, l’attacco al giornalista dimostra tutta la pericolosità del leghismo, oggi come ieri. Va in ogni modo contrastato. Bene, dunque, l’apertura di Di Maio su alleanze in chiave civica in Umbria. Bene il fermo e unitario no opposto il 13 settembre a qualunque regionalizzazione da Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola dell’Emilia-Romagna. Bene la proposta di Bevilacqua su questo giornale (14 settembre) per un viaggio nel Sud contro l’autonomia differenziata, cui partecipano espressioni di società civile tra cui il Coordinamento per la democrazia costituzionale. Anche sulla legge elettorale bisogna mantenere l’iniziativa. La legge vigente già favorisce la destra e la Lega, ancor più con il discutibile taglio dei parlamentari su cui M5S ha fatto un investimento identitario, che porterebbe ad esiti incostituzionali. Va comunque modificata in senso proporzionale e lasciando la libertà di scelta agli elettori, per la rappresentatività delle assemblee elettive essenziale in un sistema democratico. Ma nel Pd un coretto di voci autorevoli si oppone sostenendo il maggioritario. Qui il problema non è Salvini che vuole vincere. Si può capire. Piuttosto, dall’altra parte c’è qualcuno che insiste testardamente a voler perdere. Costi quel che costi.
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