HOME
|
ARTICOLI
|
DOCUMENTI
|
FORUM
|
COMITATI TERRITORIALI
|
INIZIATIVE
|
RACCOLTA FIRME
Regionali, la strada umbra in Campania
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 17/9/2019
Il raduno di Pontida è stato indubbiamente un successo per la partecipazione. Ed era ovvio che dopo la cacciata da Palazzo Chigi i militanti avrebbero voluto rispondere. A noi serve per capire cosa è la Lega oggi. Lo vediamo in quel che Salvini ha detto, e quel che non ha detto. Una immediata sensazione è di aver visto a Pontida la Lega di un tempo, unico partito del vecchio rito ancora esistente in Italia. Quella che negli anni ’90 del secolo scorso si appellava alla autodeterminazione dei popoli e reclamava la secessione e l’indipendenza della Padania, e che oggi pretende una autonomia separatista. Non è un caso se erano moltissimi gli stendardi della Lega veneta e di quella lombarda, mentre di bandiere italiane se ne intravvedevano non più di due o tre. Avevano un sapore antico le invettive, gli insulti, le pulsioni razziste e antimeridionali, riferiti dalle immagini e dai video che si trovano in rete. Non è mancato l’attacco al giornalista e alla telecamera, nemici per definizione. Cosa ha detto Salvini? Ha attaccato gli inciucisti, poltronisti, traditori, e in specie Conte. Ha accusato chi si è coalizzato contro di lui. Ha proposto referendum nel caso di modifiche ai decreti sicurezza, per difendere i “sacri confini”. Ha proposto anche un attacco referendario alla legge elettorale per ridisegnarla in senso integralmente maggioritario (probabilmente, una minaccia vuota). Ha promesso flat tax e meno tasse per tutti. Ha parlato dei bambini di Bibbiano, e ne ha persino portata una sul palco. Ha preannunciato l’assalto nelle regioni, a partire da Umbria ed Emilia-Romagna prossime al voto. Cosa non ha detto Salvini? Non ha parlato del governo espugnato dai meridionali e antagonista del Nord, e nemmeno del piano per il Sud pubblicizzato da Conte. È chiaro che ha inteso evitare un danno alla sua strategia per una Lega nazionale. Sa bene che per vincere non gli basta il Nord. E nemmeno la rabbia della base convenuta a Pontida. Ma il nodo politico rimane. La nuova Lega salviniana non ha alcuna strategia sul Sud oltre l’autonomia differenziata. Salvini non ne parla, subappaltando l’attacco al governo sull’autonomia ai governatori come prima linea, e ai colonnelli più autorevoli come rincalzi. Quel che non dice Salvini lo dicono quotidianamente Zaia e Fontana, con la grancassa della stampa allineata. Così l’autonomia non è più – come invece è – una grande questione che divide il paese e ne investe le politiche generali sul piano interno e quello internazionale. Diventa invece una guerra tra alcune regioni e un governo centralista che colluttano su minutaglie di competenze. Una bassa cucina di ceto politico-amministrativo che sgomita per il proprio spazio. Come si contrasta questo indirizzo? Nell’immediato, bisogna battere la spinta leghista negli appuntamenti elettorali ormai vicini. Bene ha fatto Di Maio con l’apertura a una strategia civica per l’Umbria. Ancora più importante sarebbe una iniziativa per l’Emilia-Romagna, cui forse pensava Salvini citando – incredibilmente - Enrico Berlinguer. A seguire, verrà anche il voto in Campania, e qui l’iniziativa assunta per l’Umbria pone in prospettiva non poche domande. Lo scontro tra De Luca e M5S è stato ed è quotidiano e senza esclusione di colpi. Inoltre, De Luca ha già chiarito che sarà comunque candidato, ripetendo un film che abbiamo già visto. Allo stato, in Campania la via umbra è impercorribile. Nel Pd la pacificazione di Zingaretti è più apparente che reale. Rimane la realtà di un partito in mano a signori feudali che dispongono di proprie truppe nel territorio. Il gruppo dirigente nazionale non sembra in grado di imporsi ai De Luca. Come inciderà su questo la possibile scissione di Renzi? Dispone di una consistente pattuglia parlamentare, ma i territori deve conquistarli. Con la scissione il feudalesimo di partito probabilmente non affonderà il governo, ma in periferia porterà la guerra di chi va con chi. È il terreno cruciale dell’organizzazione, ed è probabile che la Campania di De Luca sia uno dei laboratori più significativi. Ma non è così che il Pd può uscire dallo stato comatoso in cui si ritrova, o che il nuovo partito di Renzi può nascere vitale. Un futuro pieno di ombre. Leggiamo la frase ad effetto di Salvini: i nostri nonni sul Piave non hanno dato la vita per le ong. Vero, dal momento che all’epoca eravamo noi a partire con la valigia di cartone. In ogni caso, mai l’avrebbero data per la Padania secessionista, il Nord separatista, o un cacicco veneto, lombardo o campano che fosse.
newsletter