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Autonomia, se il Pd cancella il Sud
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 6/8/2019
Le anticipazioni sul rapporto annuale Svimez hanno aperto un dibattito sul disastro in atto e ancor più in prospettiva incombente sul Mezzogiorno. Mariano D’Antonio su queste pagine scrive che molti commenti del ceto politico meridionale “oscillano tra vittimismo e fatalità e dunque evitano di fare l’autocritica delle proprie responsabilità”. Indubbiamente c’è del vero. Ma bisogna anche intendersi, per non aprire spiragli ai sostenitori del separatismo nordista. Qui la responsabilità della politica meridionale è anzitutto nell’avere consentito - inerte, assente, o dedita al proprio minuto, particolare, clientelare interesse – il prevalere di istanze contrarie a quelle dei territori, che rimanevano nei fatti privi di rappresentanza e di voce. Ora, le esorbitanti pretese degli aspiranti secessionisti hanno fatto saltare il coperchio della pentola, mettendo in luce alcune scomode verità. La prima: il grave danno volutamente recato al Sud nella distribuzione delle risorse pubbliche. Già questo dimostra la vacuità del mantra delle regioni virtuose, e del Mezzogiorno che ruba la ricchezza del Nord e la brucia in cattiva amministrazione, clientelismo, corruzione. Lo dicono i conti pubblici territoriali, la Corte dei conti, la Sose, e non solo la Svimez. In nessuna sede un Fontana o uno Zaia ha mai ammesso di avere già usufruito di risorse pubbliche in misura maggiore di quanto le leggi vigenti e criteri di equità distributiva indicavano. Chiedono di più, ed è cialtrone chi dissente. Ma nella classifica dei cialtroni il primo posto ex-aequo non glielo toglie nessuno. Raggiunti ora sul podio solo da Salvini, con l’ultima citazione in una festa leghista: “Con l’autonomia non vogliamo togliere niente a nessuno, i veri nemici sono i politici ladri e incapaci del Sud che da 50 anni derubano il Paese”. Non male, dopo 49 milioni spariti, e con un rublogate in corso. La seconda verità è che il Mezzogiorno richiede invece l’iniezione massiccia di risorse pubbliche, ed in specie di investimenti per le infrastrutture con vantaggi per tutto il paese, come argomenta Viesti su questo giornale. Si sente talvolta dire che bisogna evitare la contrapposizione Nord-Sud. Ma qui il contrasto è determinato dalle richieste separatiste del Nord, e l’appeasement impedirebbe solo di porre con forza l’obiettivo di una sintesi. Che oggi passa anzitutto attraverso la rivisitazione radicale delle proposte di regionalismo differenziato. Non è vittimismo rispondere per le rime a Salvini. Altro è censurare le inefficienze e le colpe degli amministratori, da contrastare senza sconti per nessuno, al Sud come al Nord. Ma non c’è alata argomentazione che possa negare l’effetto strutturale e permanente del regionalismo differenziato fin qui costruito, o la necessità di rivederlo radicalmente. Il che non si fa cercando valori positivi caso per caso, come suggerisce Calise sul Mattino. È apprezzabile l’intervista a questo giornale di Nicola Oddati, che annuncia per ottobre a Napoli gli stati generali del Pd sul Mezzogiorno. Richiama un piano per il lavoro, investimenti nelle infrastrutture, ricorda persino i 61 (conti ultimi: 62) miliardi all’anno scippati al Sud. Ma non può ignorare che la posizione dell’Emilia-Romagna nel regionalismo differenziato non è tanto diversa da quella di Lombardia e Veneto da invertire il giudizio. In Emilia-Romagna si voterà presto, forse a novembre o all’inizio del 2020. Il voto europeo e i sondaggi indicano che la Lega potrebbe diventare il primo partito. Questo prova che Bonaccini ha sbagliato agganciando la regione al separatismo nordista di Lombardia e Veneto. Così, non ha fermato, e nemmeno rallentato, l’avanzata leghista. Il Pd teme ora una sconfitta storica, e probabilmente non farà nulla che possa indebolire Bonaccini. Ma se la Lega vincesse, quale attuazione verrebbe data al regionalismo differenziato da una commissione paritetica tra regione (leghista) e ministra (leghista)? Cosa sarebbe di un Nord completamente leghista, dal Friuli alla Liguria, con l’aggiunta dell’Emilia-Romagna? Terrebbero gli argini di una evanescente diversità? Gli stati generali si terranno prima del voto emiliano, forse a campagna elettorale imminente. Chi oserà dire cosa? Marco Rossi Doria scrive che il Pd ha dimenticato il Sud. Non proprio. Il Pd ha cancellato il Sud dall’agenda politica e ora insegue il separatismo del grande Nord, per il peso dell’Emilia-Romagna nel partito. Di Oddati abbiamo stima, ma cosa gli sarà permesso fare? Da uomo del Sud, certo conosce l’antico detto napoletano: chiacchiere e tabacchere…
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