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Il regionalismo tra segreti e ambiguità
di Massimo Villone da la Repubblica del 25/2/2019
Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, interviene spesso sulla questione dell'autonomia delle Regioni. Zaia blandisce, alletta, suggerisce, minaccia, persino in qualche punto offende. Ma potremmo sapere prima di cosa esattamente stiamo parlando? Al momento, l'ufficialità si ferma a tre bozze di intesa in data 15 febbraio con Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna per la sola parte generale "concordata" (con chi, dove e quando?). Sono scomparse le parti dettagliate, mentre rimane l'elenco delle materie per cui si chiede il trasferimento di potestà legislativa, risorse umane e finanziarie: 23 per il Veneto, 20 per la Lombardia, 16 per l'Emilia-Romagna. La differenza è minore di quel che sembra, perché quelle importanti ci sono per tutte le regioni: tra le altre, scuola, sanità, trasporti, infrastrutture, lavoro, governo del territorio. Il dettaglio delle intese, comunque decisivo, manca. Eppure, c'era. Perché manca? Una prima ipotesi è che ci sia, ma ne venga simulata la scomparsa per sottrarlo al vaglio della pubblica opinione e degli studiosi, e sedare l'allarme crescente. Diversamente, di cosa avrebbero discusso in ben - pare - 85 riunioni i tecnici delle Regioni e del governo? Una seconda ipotesi è che il dettaglio sia in scrittura perché l'accordo non c'è: ma contrasta con le tante dichiarazioni che c'è, salvo alcune resistenze da parte di ministeri M5S. Una terza è che la scrittura del dettaglio sia rinviata a momenti futuri, dopo l'approvazione della legge ex articolo 116 della Costituzione, così ridotta a una sostanziale delega in bianco. Il Paese sarebbe successivamente ridisegnato in sedi occulte, non rappresentative e non responsabili politicamente, come le commissioni paritetiche tra Regione e Stato previste dalle intese. Ipotesi tutte inaccettabili, perché evadono la necessità giuridicamente e politicamente inderogabile di un dibattito pubblico e di una ampia partecipazione democratica, qui e ora. Certo non si risponde con scambi di bassa cucina come una Tav a me, un regionalismo differenziato a te. In tale contesto il presidente della Regione De Luca, sul Corriere, risponde a Zaia con toni piuttosto concilianti, persino di fronte alle poco velate accuse di malaffare agli amministratori del Sud. Capiamo che non voglia semplicemente ricordare Formigoni e Galan, o gli articoli sulla stampa veneta che proprio in questi giorni parlano della perduta innocenza di una terra che si è scoperta nelle mani della criminalità organizzata. Ma mostri di sapere quel che fa. Ci dica anzitutto: conosce i contenuti delle intese, su cui valutare l'interesse della Campania e del Paese? Se esistono e li conosce, ce li comunichi. Se non esistono, ci dica che si ritorna alla casella di partenza, tutti insieme. In realtà un giusto equilibrio non si potrà raggiungere senza azzerare la procedura in atto. La prova è nella clausola di invarianza di spesa che il ministero delle Finanze ha introdotto nei testi concordati e resi noti. Il limite assoluto che il regionalismo differenziato non costi all'erario un euro in più sancisce senza appello che se un euro in più va a Lombardia e Veneto, un euro in meno va agli altri. E ci dice anche che garantendo ad alcune regioni che il fabbisogno ad esse riconosciuto non scenda sotto un certo livello, si fa pagare agli altri qualunque crisi economica e finanziaria. Se questo è negli accordi già stipulati, per la Campania l'autonomia differenziata potrà anche ampliare il potere dei governanti, ma non darà vantaggio ai governati. Non vogliamo concludere che De Luca pensi a tirarne fuori comunque un tornaconto politico per se stesso. Se va avanti il regionalismo differenziato come fin qui definito, soprattutto nell'ambiguità, nel segreto, e tentando di imbavagliare il parlamento, qualcuno pagherà il conto. Il primo candidato è M5S, perché è al governo, e ha commesso l'errore di metterlo come priorità nel contratto, probabilmente - siamo generosi - senza sapere o capire. Il presidente della Svimez Giannola nella sostanza ha ragione, e molti pensano che battersi per il Sud senza difendere l'indifendibile può essere l'unico modo per M5S di fermare il declino in atto. Quanto al Pd, balbetta sotto il peso dei peccati, avendo stipulato il famigerato pre-accordo con il governo Gentiloni, mentre l'Emilia-Romagna è in prima linea e disperatamente tenta di dimostrare che è meno secessionista di altri. Vogliamo chiarezza e trasparenza, cifre e non chiacchiere, parlamentari pronti al conflitto tra poteri se imbavagliati e governatori pronti al ricorso in Corte costituzionale a difesa dei propri cittadini. Non ci interessano i miserabili pruriti di ceto politico. E non ci bastano le dichiarazioni rassicuranti da parte di persone dalle quali non compreremmo mai una auto usata.
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