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Autonomia differenziata, menzogne omissioni e responsabilità di Lega e 5 Stelle
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 30/1/2019
Si avvicina la deadline del 15 febbraio, e parallelamente sale la temperatura sulla autonomia differenziata. Questo giornale documenta con analisi e cifre il danno che ne deriva al Sud, e il rischio grave per l’unità della Repubblica. Per tutta risposta, summit leghisti manifestano rabbia e avanzano velate minacce. Il punto più intollerabile è che una questione indiscutibilmente rilevantissima per tutto il paese sia gestita a trattativa privata e in maniera semi-segreta. La ministra leghista Stefani obietta in una lettera a questo giornale che il metodo seguito oggi è quello già adottato per il pre-accordo tra l’on. Bressa (PD) e le regioni richiedenti nell’imminenza del voto del 4 marzo. Ma è proprio là che comincia la grande menzogna. Perché quel governo era limitato al disbrigo degli affari correnti e non era vincolato a stipulare un pre-accordo, per di più in odore di conflitto di interessi. La legge 147/2013 (art. 1, co. 571) richiedeva solo l’attivazione della procedura, che poteva dunque essere avviata e rinviata al dopo voto. Per di più, comparve allora fugacemente la notizia che gli stipulanti concordavano di mantenere riservato l’accordo, per evitare che incidesse sul voto imminente. Vale a dire che il popolo italiano fu scientemente tenuto all’oscuro di una scelta che avrebbe pesato sul futuro di tutti. Un comportamento da ladri: di voti. La grande menzogna continuò con il contratto di governo, in cui si scrisse come priorità l’autonomia differenziata e l’attuazione del preaccordo già stipulato, e mai esposto come tema di campagna elettorale nazionale. I leghisti sapevano quel che facevano. E M5S? Chi se ne occupò? Chi approfondì? Chi lesse le carte? Chi capì? Se nessuno lo fece, la responsabilità cade tutta su chi firmò: Di Maio. Ora il leghista Garavaglia, sottosegretario all’economia, ci informa che i nodi sull’istruzione sono stati sciolti. Da chi? Come? Lavoratori e sindacati sono stati coinvolti? Fa rabbia che evidentemente qualcuno sa, almeno nel circuito leghista, mentre gli altri o sono all’oscuro o tacciono. I Ministri M5S balbettano. Quanto alla sanità, la ministra Grillo nega che ci sia un danno per il Sud. Ma nulla dice di concreto sull’accordo, o sul come mettere riparo a una mortalità infantile superiore del 40% a quella del Nord-Est, o a una aspettativa di vita più breve. E soprattutto non stigmatizza l’assurdità di un governatore che vuole più soldi, avendo già una sanità migliore, e non considerando che il gap si contrasta solo con corposi investimenti pubblici infrastrutturali. Ci sono domande non eludibili. È vero o no che l’autonomia come è stata disegnata può costare alle altre regioni un pacco di miliardi (secondo una stima, fino a venti)? Con quali argomenti si nega questa possibilità? È vero o no che nell’accordo in preparazione si prevede un transitorio che passa da un primo aggancio alla spesa storica a quello ai proventi tributari raccolti nella regione? Con l’esito che i servizi erogati ai cittadini sarebbero migliori per quantità e qualità nei territori più ricchi? E con il paradosso che cittadini che pagano le stesse tasse (nazionali) avrebbero un ritorno maggiore nei territori più ricchi, e minore in quelli più poveri? Il contrario della perequazione e della solidarietà richieste dalla Costituzione. La ministra Stefani dice che con il criterio della spesa storica nulla cambia: ognuno avrà quel che aveva prima. Ma non nega che poi si passi all’aggancio ai proventi tributari. Semplicemente, tace. Mente per omissione, e sapendo di mentire? Menzogne e omissioni sono stati i principali canoni di lettura della vicenda fin qui. Ma ora se ne aggiunge un altro: la responsabilità. È davvero incredibile che M5S sia pronto a dare battaglia su una quantità di fronti, mentre rimane silenzioso e sostanzialmente inerte su quello dell’autonomia differenziata, in prospettiva di ben maggiore rilievo e certo non solo per l’immagine. L’Istituto Cattaneo ci dice che nel voto del 4 marzo 2018 il 40% dei consensi totali avuti da M5S nel paese è venuto da regioni del Sud. Per i milioni che hanno votato M5S si avvicina un tradimento, che non potevano anticipare o sospettare. Cade sugli eletti M5S il dovere di impedirlo. Si facciano sentire, ora. Pretendano di essere informati in dettaglio e di incidere sugli accordi in formazione. Quando il pacchetto pre-confezionato arriverà al voto in parlamento, sarà tardi. E non si può lasciare solo Mattarella a difendere l’unità della Repubblica.
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