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Il Paese spaccato dai gialloverdi
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 30/12/2018
La Svimez ci dà i primi veri conti sull’autonomia differenziata richiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Avrebbe dovuto farlo il governo Gentiloni prima di firmare in articulo mortis il famigerato pre-accordo a pochi giorni dal voto del 4 marzo, a Camere già sciolte ed essendo la questione certamente non di ordinaria amministrazione. Avrebbero dovuto farlo prima di includere il pre-accordo come assoluta priorità nel contratto di governo i due stipulanti, per responsabilità e trasparenza verso i milioni che li avevano votati. Infine, avrebbe dovuto farlo la ministra Stefani prima di portare la proposta in Consiglio dei ministri. O non l’hanno fatto, o hanno nascosto i conti al Paese. In entrambi i casi, sono colpevoli. I professori Giannola e Stornaiuolo spiegano sulla "Rivista economica del Mezzogiorno" perché la pretesa delle tre regioni è un ingiustificato vantaggio a danno del Sud. Smontano tra l'altro l'argomento del residuo fiscale che quantifica secondo richiedenti lo scippo ingiusto delle risorse a danno dei propri cittadini. Bisogna calcolare anche gli interessi sul debito percepiti nella regione, che sono pur sempre risorse pubbliche che tornano alla regione. Conclusivamente, il cosiddetto residuo fiscale scende per la Lombardia da 40 miliardi a circa 13, per il Veneto e l'Emilia -Romagna da 12 e 11 miliardi a un paio. Certo, si può dire che è un'interpretazione. Ma si smonta solo con argomenti e numeri altrettanto solidi. Fino a prova contraria, possiamo ora ritenere che si preparava per il Sud un pacco in piena regola, col dolo forse di pochi e di certo l'insipienza colpevole di molti. Dove erano quelli che avrebbero dovuto vigilare in nome di chi aveva loro dato il voto? Probabilmente Salvini pensava che scrivere di soppiatto il tema nel contratto di governo nella generale inconsapevolezza dei contenuti e delle implicazioni sarebbe bastato. Ma il coperchio è saltato, non per merito di una politica rimasta inerte, ma per articoli di stampa, studi scientifici, petizioni su change.org, convegni. Forse qualcuno si illude che tutto scivoli di nuovo nell'oscurità. Lo impediremo. Quindi ha ragione Massimo Cacciari, quando - condividendo la critica della Svimez - parla di un «federalismo sbilanciato e parziale inseguito dai più forti al Nord che cerca di rimediare quanti più soldi e potere per i suoi, e se ne infischia del resto del Paese" ("Repubblica", 28 dicembre). Le richieste di Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna spaccano il Paese, e ne rompono l'unità sancita in Costituzione. Cacciari non piace a tutti, e qualcuno lo trova professorale e saccente. Ma ha un pregio. Dice con parole semplici e univoche anche le verità scomode. Quanto al Sud, Cacciari coglie due punti deboli. Il primo, nel travaso di voti di stampo clientelare verso Salvini e la Lega. Ha ragione. Questo pesa sulla questione autonomie. Il voto clientelare per definizione guarda ai benefici individuali, familistici, di gruppo, di clan. Che il Sud affondi con la maggiore autonomia del Nord non interessa. Anzi, che sulla scia di Zaia qualche ulteriore brandello di potere gestionale venga anche agli amministratori del Sud può essere un gradito bonus. È su questo che prosperano le clientele. E si spiegano le adesioni al progetto leghista. Il secondo, nella incapacità del Sud di recuperare il gap di efficienza amministrativa. È indispensabile sfatare l'argomento che una siringa costa a Napoli o Reggio Calabria di più che a Bolzano. Bisogna cambiare classe dirigente. E sostituire i costi standard alle fritture di pesce. Secondo il premier Conte, sull'autonomia si decide a metà febbraio: quindi nel quadro di una campagna elettorale per le europee, che ridefiniranno i rapporti di forza nel governo e potrebbero incidere sulla durata della legislatura. Avremo risposte prima del voto. Questo ci dice che una maggiore autonomia realizzata a danno del Mezzogiorno, anche se formalmente non oggetto del voto, sarebbe per M5S nel Sud una trappola mortale. Perché votare in Europa un soggetto politico che si fosse dimostrato inaffidabile, consentendo o contribuendo a recare un danno potenzialmente permanente - come ho già spiegato su queste pagine al territorio in cui chiede il voto? Conte chiude l'anno parlando con toni ispirati della armoniosa composizione dei colori giallo e verde nell'esecutivo. Gli crederemmo, se trovassimo a Palazzo Chigi il pennello di Michelangelo. Ma c'è soltanto una pennellessa da imbianchino.
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