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“Siamo alla secessione dei diritti: il MSS al Sud rischia di pagarla cara”
di Massimo Villone da Il Fatto Quotidiano del 22/12/2018
Un tempo erano tutti federalisti, oggi tira l'autonomia: dopo i referendum consultivi di Lombardia e Veneto del 2017, ieri una prima bozza di accordo con le Regioni (c'è anche l'Emilia Romagna) è arrivata in Consiglio dei ministri e il governo conta di chiudere il tutto per metà febbraio. Massimo Villone, costituzionalista ed ex senatore, è tra le poche voci contrarie presenti nel dibattito: forse anche per la buona ragione che il dibattito sull'autonomia non c'è. Professore, ieri è iniziata la discussione: di testi, però, neanche l'ombra. O non hanno le carte o le tengono nascoste: io propendo per la prima ipotesi. E questo è già un enorme problema: non si sanno i contenuti, non c'è un'analisi dei costi e dei benefici, non si sa qual è il modello di devoluzione dei poteri, ma una riforma di questa portata dovrebbe avvenire di fronte al Paese e con la discussione più larga possibile. Di che parliamo? È una rivisitazione drastica del rapporto tra Stato e Regioni ed è pure una vicenda che nasce male: la Consulta ha lasciato passare i referendum di Lombardia e Veneto, mentre in altri anni - io ricordo una sentenza del 1992 - disse che le consultazioni locali non dovevano condizionare la volontà di organi costituzionali, che invece è esattamente quel che è successo. E ora la Lega è al governo. Prima però c'è stato lo sciagurato pre-accordo firmato dal sottosegretario Bessa del governo Gentiloni a Camere ormai sciolte. Ma come si fa a firmare una cosa del genere a pochi giorni dal voto? Da lì l'autonomia entra nel contratto di governo Lega-5 Stelle senza alcun approfondimento. Una cosa così, però, non si mette in piedi senza capire prima l'impatto sul Paese, impatto che per me è certo e negativo. Perché? Veneto e Lombardia hanno chiesto poteri su 23 materie, tutte quelle possibili, e che i trasferimenti legati alle nuove funzioni siano parametrati al gettito. È chiaro che si vuole non solo un Paese spaccato, già lo è, ma senza neanche la speranza di un cambiamento: è un fatto drammatico. Ora che succede? Il procedimento prevede l'intesa Stato-Regioni, poi una legge rinforzata da approvare in Parlamento a maggioranza assoluta sempre d'intesa con le Regioni interessate: insomma, nessuna modifica senza l'accordo del potere locale. Non solo: una volta approvata quella legge, fatta salva la solita intesa della Regione, non può essere più cambiata, nemmeno con un referendum. Quella che si sta per prendere è una decisione irrevocabile. Questo è il meccanismo infernale dell'articolo 116 venuto fuori dalla riforma del 2001. L'economista Gianfranco Viesti ha parlato di "secessione dei ricchi.'' L'aggancio ai proventi tributari in sostanza lega l'esercizio delle funzioni alla ricchezza del territorio. Si pensi a una scuola o una sanità regionalizzata in queste condizioni: sarebbe la secessione dei diritti. Che però sarebbe incostituzionale. Certo, ma i conflitti tra norme costituzionali sono un bell'argomento per seminari e monografie... E quindi? Io spero che una battaglia politica alla luce del sole impedisca la secessione, altrimenti non resta che la Corte costituzionale: una sentenza del 2005, ad esempio, rigettò un referendum che proponeva di lasciare sui territori l'80% dei tributi perché "lede l'unità del Paese". Se ne deduce, insomma, che esistono forme di particolare autonomia che possono ledere l'unità della nazione e quindi spazio per un ricorso potrebbe esserci. La battaglia politica, invece, chi dovrebbe farla? Mi scusi, ma i danni dell'autonomia differenziata sarebbero tutti per il Mezzogiorno, che perderebbe risorse. E il Movimento 5 Stelle, che sta a Palazzo Chigi grazie al Sud, che fa? Ci prepara il pacco? Pure la Lega adesso vuole i voti del Sud. Sì, ma Salvini è messo meglio di Di Maio perché il suo zoccolo duro è al Nord, dove anzi aumenterà i voti, e comunque può sempre puntare sui temi della sicurezza che qualcosa gli portano. Ripeto: chi rischia sono i 5 Stelle e già dalle Europee di maggio. Anche molti amministratori del Sud si sono dichiarati a favore dell'autonomia differenziata. Sperano in qualche risorsa in più da gestire direttamente. Io, per i politici del Sud che dicono che l'autonomia va bene, tornerei alle vecchie tradizioni: qui a Napoli, a piazza Mercato, c'erano due patiboli e un cippo per le decapitazioni che proporrei di ripristinare.
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