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L'Italia che non piace alla Lega
di Massimo Villone da la Repubblica del 16/12/2018
L'avevamo sospettato, ma adesso è ufficiale. Il leghista Giorgetti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, numero due della Lega di governo, certifica che a "noi" (i leghisti) non piace l'Italia cui piace il reddito di cittadinanza. Ovviamente siamo noi, gente del Sud, l'Italia che non piace a Giorgetti. È una versione più forbita della canzonaccia di salviniana memoria che metteva in rima cani e napoletani. È un segno del nuovo nella politica e nelle istituzioni. Un tempo non sarebbe mai accaduto che una persona con alte responsabilità di governo pubblicamente dichiarasse di non gradire un pezzo d'Italia. Ed è significativo che capiti ora proprio con Giorgetti, uomo cauto e misurato, depositario più di altri di quel che rimane di un'antica saggezza democristiana. Una distrazione? Certamente no. Piuttosto, un'ennesima mano nella permanente competizione infragovernativa. Analoga vicenda vediamo nel rifiuto della gemmazione della Normale di Pisa per una Scuola superiore presso la Federico II. Il sindaco di Pisa scende in campo per difendere la purezza del marchio pisano. Il brand sarebbe a suo avviso sminuito dal contatto con gli untori napoletani. Eppure, l'autonomia delle "istituzioni di alta cultura, università e accademie", è specificamente garantita dall'articolo 33, ultimo comma, della Costituzione. Valore forse non capito a fondo dall'accademia napoletana, che non vorremmo fosse rimasta prevalentemente chiusa in una sorda competizione tra potenziali interessati a poltrone di prestigio. Nell'essenza, una questione di bottega. Può darsi che alla fine una utilità ci sia comunque, se vedremo davvero i 50 milioni - pare - promessi in cambio della mancata gemmazione. Ma l'intromissione della politica è stata pesantissima, e per di più a senso unico. Gli attori principali sono stati il ministro dell'istruzione Bussetti (lombardo, in quota Lega), il sindaco di Pisa (centrodestra), e qualche parlamentare leghista. Poche e ininfluenti le voci della politica napoletana e campana, che non ha saputo, voluto o potuto essere in partita. Non bastavano certo gli struffoli offerti dal governatore De Luca. Nel paese crescono diffidenze, divisioni, antagonismi. A Palazzo Chigi il potere si divide tra due soggetti politici, uno radicato al Nord, l'altro al Sud. La coabitazione a quanto pare stimola pulsioni di separatezza. È ben vero che gli stipulanti di un contratto non devono necessariamente piacersi. Basta che gli interessi siano comuni, o convergenti, o almeno compatibili. Ma quel che preoccupa è che nel contratto di governo e nel confronto politico il Sud - l'uscita di Giorgetti lo testimonia - alla fine esiste solo come reddito di cittadinanza. Bisogna fare di più, e meglio. Pochi giorni fa è stato presentato dalla relatrice M5S in commissione Affari costituzionali della Camera il testo base di riforma dell'articolo 71 della Costituzione, che introduce il cosiddetto referendum propositivo. Una iniziativa popolare - sostenuta da 500000 firme - di leggi che, se non approvate o approvate dalle Camere in testo diverso da quello proposto, possono essere sotto poste al voto popolare. Ebbene, questa iniziativa è esplicitamente esclusa per le leggi a procedura rinforzata, come la legge ex art. 116 Cost. sulla più ampia autonomia e le maggiori risorse su richiesta delle regioni, assunta a priorità nel contratto di governo. È il caso del Veneto, già ripetutamente richiamato su queste pagine, cui Salvini non vede l'ora di dare disco verde in Consiglio dei ministri e poi in parlamento. Quindi, se anche tutti gli altri cittadini italiani ritenessero attribuito a quella regione un indebito vantaggio a danno delle altre, non potrebbero raccogliere 500000 firme per ristabilire l'equilibrio violato. Quella legge sarebbe poi anche sottratta - secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale al referendum abrogatìvo ex art. 75 della Costituzione. E sarebbe, ancora, sottratta alla modifica in sede legislativa se il Veneto non fosse d'accordo, per il dettato dello stesso art. 116 Cost. Una condanna a vita. È possibile che a breve l'equilibrio tra territori sia in modo irreversibile alterato a danno del Sud con il concorso della forza politica portata a Palazzo Chigi dal Sud. Dunque, non ci basta la blanda risposta di Di Maio a Giorgetti: a noi piace tutto il Paese. Capiamo che Di Maio non può dire altro, dopo che è andato proprio in Veneto a promettere più autonomia e più quattrini. Ma a noi Giorgetti e Salvini non piacciono per niente.
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