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Quelle Autorità così poco indipendenti
di Massimo Villone dal Manifesto del 18/9/2018
Il caso Nava dimissionario dalla Consob sembra più di tutti avere stimolato i sostenitori della teoria dei nuovi barbari. Abbiamo letto editoriali e commenti di inusitata asprezza. Anche autorevolissimi, come quello sul Corriere della Sera del Prof. Cassese, giurista di alta fama, a tutti noto per il suo curriculum stellare e le sue presenze in Tv. Secondo Cassese, mai nessun governo ha manifestato una così grande fame di posti. E d’ora in poi nessuna carica pubblica sarà circondata da quelle garanzie che spettano ai funzionari pubblici. Abbiamo qualche dubbio. Per Nava un fondamento emerge nella indiscutibile differenza tra il distacco – condizione nella quale si mostra collocato prima delle dimissioni – e l’aspettativa. Con il distacco rimane il nesso tra l’amministrazione di appartenenza (Commissione Ue) e il dipendente distaccato. Il professore universitario eletto in parlamento va in aspettativa senza assegni. E sarebbe strano se fosse distaccato, non potendosi certo dire che va ad elargire saggezza accademica ai colleghi eletti. Lo stesso vale per la Consob. Se poi fosse vera la differenza negli emolumenti da alcuni richiamata, potrebbe trovare conferma il sospetto di una ragione di bassa cucina. Ma la vicenda apre a qualche considerazione più generale. La fame di posti gialloverde può anche essere notevole, ma non è superiore a quella dei precedenti governi. Se mai, abbiamo qualche sussulto superficiale in più. Ma questo può essere dovuto non a un Dna diverso di chi oggi è al comando, ma al fatto che almeno per uno dei partners di governo – M5S – manca l’osmosi continua tra politica, ceti professionali, imprenditoria, burocrazie che rendeva il meccanismo ben oliato e scorrevole in ogni stagione politica e al di là del cambiamento. I malpensanti parlerebbero di complicità omertosa. Uno scossone era prevedibile. Inoltre, la proliferazione delle autorità indipendenti in Italia ha inizio negli anni ’90 del secolo scorso. È una vicenda che va di pari passo con l’iperliberismo di mercato, la ritirata del pubblico a favore del privato, le privatizzazioni e le liberalizzazioni. Parallelamente, si è ristretta l’area di influenza diretta della politica. L’ipotesi era che allo stato decisore nelle sedi istituzionali si sostituissero soggetti sottratti all’influenza della politica e garanti dei cittadini, dei consumatori e degli utenti sul rispetto delle regole di mercato, presuntivamente tecniche e oggettive. Ma è un modello che ha funzionato solo in parte, e forse poco. La dottrina – molto la straniera, poco quella italiana – ha da sempre evidenziato il rischio che l’indipendenza formale coprisse l’ossequio dei controllori verso i controllati. In Italia abbiamo visto casi di autorità del tutto evanescenti, come l’Isvap di un tempo, o poco incisive almeno occasionalmente, come quella delle garanzie per le comunicazioni. E certo abbiamo conosciuto pessime privatizzazioni, come dimostra il caso ultimo del ponte Morandi. Diversamente da Cassese, ho sempre ritenuto che fosse da contrastare la proliferazione delle autorità, perché produceva il trasferimento in sedi politicamente irresponsabili di scelte che avrebbero dovuto rimanere nell’ambito politico e istituzionale. Favorendo invece il crearsi di nuovi clientelismi, soprattutto attraverso la creazione di luoghi particolarmente appetiti per la possibilità di emolumenti stellari. Lo dicevo già nel 2007, come relatore del ddl di riordino delle autorità (AS 1366), poi finito nel nulla con lo scioglimento anticipato delle camere. Penso che il disastro ereditato dai tempi dell’iperliberismo di mercato consigli oggi un ripensamento. Infine, una considerazione. Accade altrove che l’indipendenza dei funzionari pubblici e la loro impermeabilità verso la maggioranza politica pro tempore sia rispettata e anzi data per scontata, a prescindere dalle garanzie giuridiche. Tale è ad esempio il caso del civil servant in Gran Bretagna. Si sa che i britannici hanno un’alta opinione di sé e non sono dei piacioni. Ma di sicuro, seguendo Sciascia, dovremmo metterli tra gli uomini o almeno tra i mezz’uomini. Vorremmo che gli italiani, in questa vicenda delle autorità, mostrassero di non rimanere tra i quaquaraquà.
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