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La questione Sud e le scelte di M5S e Pd
di Massimo Villone da la Repubblica del 4/8/2018
Nel rapporto Svimez 2018 emerge un quadro del Sud che desta preoccupazione: povertà, disoccupazione, precarietà, working poors, calo delle nascite, fuga senza ritorno di residenti, e in specie di giovani qualificati. Colpisce la considerazione che la debolezza del Sud viene soprattutto dalla carenza di investimenti pubblici, piuttosto che dal settore privato. Alla fine, i cittadini del Sud sono di serie B perché sulla qualità di vita individuale e collettiva pesano servizi essenziali peggiori, in qualità e quantità. Senza un cambio di rotta, il futuro è buio. Il settore pubblico dipende immediatamente dalla politica, che sceglie obiettivi e destina risorse. Qui nascono debolezze e divari, e si realizza la possibilità di superarli. Rilevano, allora, gli equilibri politici, e viene all'attenzione che si discute oggi nel Pd di un coordinamento tra le regioni del Nord. Dovrebbe portare, secondo la proposta della vicepresidente dell'Emilia-Romagna Gualmini, ripresa dal segretario regionale Calvano, a un impianto federale con un Pd del Nord autonomo e indipendente da Roma e dal partito nazionale. La ragione di fondo è competere con la Lega. Il segretario Martina ha dato la sua benedizione. Si rischia - o forse si intende - andare oltre la connotazione del Pd come partito nazionale? A ben vedere, è una connotazione che il Pd ha almeno in parte perso da tempo. Già nei primi anni '90 diviene centrale la competizione nel Nord con il centrodestra e la Lega. La questione settentrionale si sostituisce alla questione meridionale. L'intento di evitare una sconfitta elettorale nel Nord è alla base della riforma del Titolo V della Costituzione voluta dal centrosinistra nel 2001, nell'imminenza del voto. Nelle urne il centrodestra stravince comunque, ma intanto è stato cancellato l'obiettivo di "valorizzare il Mezzogiorno e le Isole" posto dall'art. 119 nel testo originario del 1948. E stato anche introdotto il concetto di autonomie regionali a geometria variabile (art 116) e di diseguaglianze costituzionalmente compatibili, con la previsione di "livelli essenziali" nei diritti (art.117). Segue il federalismo fiscale e infine l'introduzione del pareggio di bilancio obbligatorio con la riforma costituzionale del 2012. In questo quadro normativo che cambia si rafforza la prospettiva del Paese a due velocità, in cui ci sono cittadini fatalmente figli di un dio minore. Si affianca al peso crescente nel centrosinistra dei territori del Centro, in cui l'organizzazione di partito, in specie ex Pci, resiste meglio. Mentre il ceto politico meridionale affonda nel feudalesimo correntizio, notabilare, clientelare, e non entra nella partita che conta. Un coordinamento Pd del Nord affiora già nel 2008-2009. Oggi riemerge, e non si accompagna all'idea di un partito nel suo insieme più forte, quanto a quella di abbandonare al suo destino la parte più debole. Il Pd nel Sud è in coma, privo di progetto e di personale politico di qualità, devastato nell'organizzazione e nel radicamento. Che possa in tempi brevi recuperare la centralità e il peso politico necessari a rimettere il Sud all'ordine del giorno è ipotesi irrealistica. Ancor peggio se nasce un Pd del Nord. Quindi la domanda è: a chi sono affidate le ragioni del Mezzogiorno? Certo non al centrodestra, a dominanza leghista. Ugualmente, non alla sinistra, che balbetta in una condizione di sostanziale irrilevanza. Lo stesso vale per movimenti che faticano a uscire dalla dimensione locale, come quello di De Magistris. Rimane M5S, chiamato a dare seguito al grande consenso ricevuto nel Mezzogiorno. Ma c'è bisogno di un progetto che tuttora non si vede. Cosa si intende fare, ad esempio, sulla flat tax o la maggiore autonomia chiesta da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna? Si avrà la forza di imporre un calcolo oggettivo e veritiero dei costi e dei benefici, e di fermare scelte che aumentino il divario territoriale? Qui si richiede una crescita individuale e collettiva dei parlamentari M5S eletti nel Sud, certo non facile nella politica e nel parlamento delineati da Grillo e Casaleggio. Ma, diversamente, di chi sarebbero portavoce? Quanto al Pd, Martina riunisce la segreteria nazionale a Scampia e lancia una campagna di ascolto. È un gesto apprezzabile. Ma di per sé non consolida il partito nel territorio, né bilancia il coordinamento del Nord. Nella partitella con i ragazzi di Scampia Martina ha fatto la sua figura. Ma per prendere palla e fare gol nel Pd dovrebbe avere il piede di Maradona.
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