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Elezioni, le mosse di de Magistris
di Massimo Villone da la Repubblica del 25/07/2018
La campagna di de Magistris per i turni elettorali delle europee nel 2019, e delle regionali nel 2020, prende l'avvio in Cilento. Il tratto distintivo sembra essere l'attenzione al centro, se - come leggiamo sulla stampa - non vale la pena di guardare ai "pezzetti" di sinistra. Certo, sui "pezzetti" può anche avere ragione. Ma quali sono le prospettive? Si direbbe anzitutto che l'impegno nelle europee sia poco più di un test organizzativo. Se, come pare, l'obiettivo è eleggere uno o due eurodeputati, si tratta di un esito in sé del tutto ininfluente nel quadro europeo. E non si colgono ancora, almeno al momento, i tratti distintivi di un progetto politico e di alleanze che diano senso alla discesa in un campo segnato da spinte poderose di populismi e sovranismi. Più significativo è lo scenario delle regionali. De Magistris ci dice di voler comunque concludere il suo mandato di sindaco, e questo lo metterebbe fuorigioco. Qualche dubbio viene, dal momento che il successivo momento utile verrebbe nel 2023 con le elezioni politiche, se la legislatura appena iniziata terminasse il suo corso. Vedremo. Nelle regionali del 2016 De Luca impose la sua candidatura al Pd con la minaccia, diversamente, di correre da solo. Alcuni punti erano essenziali: il Pd era ancora una struttura portante nel sistema politico campano; De Luca era forza dominante nel Pd regionale; il Pd nazionale era al governo, e il gruppo dirigente non aveva la forza di fermare De Luca. Alla fine, De Luca sconfisse di misura Caldoro, mentre MSS rimase sotto il 18 per cento dei voti. Tutto questo è oggi archeologia politica. Il 4 marzo 2018 MSS in Campania mette tutti al tappeto, il Pd collassa, e persino De Luca vede le mura della fortezza salernitana cedere. Se questo quadro trovasse conferma nel prossimo voto regionale, varrebbe per de Magistris il detto che non conta vincere ma partecipare. Il punto è che de Magistris non può limitarsi a succhiare sangue al già esangue Pd, che certo non è in grado di rinascere in tempi brevi. Anche De Luca fa i conti con una gestione del potere che lascia la Campania agli ultimi posti in tutte le classifiche che contano, mentre registra sconfitte emblematiche come con la recente sentenza della Corte costituzionale sull'abusivismo edilizio, e vede delinearsi conflitti con il governo nazionale in settori cruciali come la sanità. Tralasciando i "pezzetti", de Magistris può entrare in partita solo strappando una quota sostanziale dei consensi MSS del 4 marzo. Il che può anche essere una ipotesi non peregrina, considerando che MSS ha già più volte dimostrato grave affanno nelle competizioni regionali e locali. Rispetto al passato, la variabile nuova è data dal fatto che MSS è al governo, con esponenti del Sud e in specie campani in posizioni formalmente anche di grande peso. Una politica MSS per il Sud visibile ed efficace potrebbe avere un effetto di traino decisivo sul prossimo turno elettorale regionale. Bisogna però dire che al momento - come ho già scritto su queste pagine - di tale politica non v'è traccia. Il Sud era stato pretermesso nel contratto di governo, e ha ricevuto un omaggio solo verbale nei tempi supplementari. Un progetto visibile e concreto volto a superare il divario strutturale manca nel contratto come nelle scelte di governo. Tale non è il reddito di cittadinanza, che peraltro con Tria sfuma nelle nebbie di un futuro incerto e legato agli equilibri di bilancio. Pesa in senso contrario la flat tax. E potrebbero pesare anche altre scelte, forse nemmeno colte nella loro portata dall'opinione pubblica meridionale. Tra queste, l'elezione alla Corte costituzionale del professor Antonini, costituzionalista di vaglia, ma da sempre agganciato al carro leghista. È probabile sia stato collocato come argine a una possibile conflittualità sulla autonomia speciale ex articolo 116 della Costituzione già richiesta da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, e assunta dai leghisti a elemento centrale del contratto di governo. Pesa anche la richiesta leghista del vertice delle ferrovie, massimo investitore nelle infrastrutture, la cui crucialità per il Mezzogiorno è ovvia. È probabile che de Magistris stia scommettendo sulla debolezza della politica MSS per il Mezzogiorno, dove pure il Movimento ha trovato la sua vittoria. Ma certamente sa che i napoletani si dividono sulla sua sindacatura, che da questo punto di vista non è elemento di grande forza in scenari ulteriori. Sarà bene non dimentichi che in politica giustapporre due debolezze spesso produce solo una debolezza al quadrato.
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