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Sud, la Lega batte i Cinque Stelle
di Massimo Villone da la Repubblica del 18/05/2018
Habemus pactum. Qualche limatura rimane da fare, ma già una prima lettura ci dice che nel "contratto per il governo del cambiamento" manca proprio un cambiamento che avremmo voluto vedere. In generale, il testo presenta punti apprezzabili come l'acqua pubblica ed altri inaccettabili, come il condono pudicamente dissimulato come "pace fiscale". Soprattutto, però, il risultato eclatante di M5S nel Mezzogiorno aveva suscitato la speranza che una questione meridionale potesse ritornare nell'agenda politica del paese. Non è accaduto. La parola "Mezzogiorno" non compare mai nel documento, che pure di parole per altro verso abbonda. Ad esempio, all'immigrazione ne dedica oltre 1000 (punto 12) e più di 1100 allo sport (punto 22). Invece, il Sud è citato solo con riferimento all'Ilva, per cui ci si impegna a proteggere i livelli occupazionali "promovendo lo sviluppo industriale del Sud, attraverso un programma di riconversione economica basato sulla chiusura delle fonti inquinanti". Una formula in sé ambigua, che certo non bilancia il silenzio sul divario Nord-Sud, sulle diseguaglianze, sulla solidarietà tra territori, sulla necessità di interventi pubblici per il recupero del deficit infrastrutturale, sulla sanità di seconda scelta, sulle difficoltà di accesso al credito, sull'esodo dei giovani meridionali soprattutto qualificati, e così via. Un progetto per il Sud, una scommessa sul Sud come elemento propulsivo per l'intero paese, politiche asimmetriche di vantaggio per il Sud, nel contratto non ci sono. Non emerge un obiettivo di eguaglianza nei diritti. L'unica politica per il Sud finisce con l'essere il reddito di cittadinanza, che -pur apprezzabile- è al più l'aspirina che fa calare un po' la febbre. A voler essere meno generosi, è un obolo. Invece, altri punti sbarrano la via a politiche per il Mezzogiorno. La flat tax, al 15 e 20% per le persone fisiche, e al 15% per le imprese, da un lato riduce le risorse pubbliche disponibili, e dall'altro porta vantaggi comparativamente maggiori alla parte più ricca e forte del paese. Tendenzialmente, aumenterà il divario e certo non creerà condizioni favorevoli a superarlo. Si afferma l'intento "di non arrecare alcun svantaggio alle classi a basso reddito, per le quali resta confermato il principio della "notax" area". Ma quel che serve davvero alle classi a basso reddito è l'accesso a servizi pubblici di qualità, gratuiti o a costi accettabili per l'utente, che richiedono adeguate risorse pubbliche e una fiscalità in grado di reperirle. Sono deboli gli argomenti addotti per la flat tax, inclusi quelli sulla osservanza del principio di progressività (art. 53 Costituzione). La norma non comporta che ogni tributo sia strutturato progressivamente. Ma è davvero dubbio che due aliquote ravvicinate bastino a soddisfare il principio quando è in gioco uno degli elementi portanti del sistema tributario. Invece, entra nel contratto la maggiore autonomia per le regioni che ne facciano richiesta ex art. 116 della Costituzione. Era questo l'obiettivo perseguito con i referendum leghisti del lombardo-veneto, e la conseguente trattativa a pochi giorni dal voto con un governo ormai delegittimato. Il contratto chiede di portare come priorità "a conclusione le trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte", unitamente all'attribuzione di maggiori risorse. Ne verrebbero effetti negativi per le altre regioni? Non sarebbe opportuno riconsiderare ora tutta la questione nell'ambito del contratto e nel quadro complessivo delle risorse effettivamente disponibili? È apodittica, e opinabile, l'affermazione nel contratto che il regionalismo a geometria variabile realizzi la solidarietà nazionale (punto 19). Lega batte M5S. Il documento non risponde ad aspettative che potevano ragionevolmente trarsi dall'esito del 4 marzo. Una occasione mancata. Ora si sottopone il contratto agli elettori, e in particolare al voto della re te perii Movimento. Ma la rete è una entità a-territoriale. Probabilmente, solo Casaleggio & C. sanno in quali territori sono distribuite le poche decine di migliaia di militanti che decideranno. Come avranno voce i milioni di donne e di uomini del Sud che hanno portato M5S a diventare protagonista nella partita del governo? E se si introducesse in Costituzione il "vincolo di mandato popolare" proposto nel contratto, un po' confusamente, richiamando l'art. 160 della Costituzione portoghese a chi dovrebbero prestare obbedienza gli eletti M5S? Alla rete, o a chi li ha votati?
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