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PD, errori e responsabilità della disfatta
di Massimo Villone da la Repubblica del 16/03/2018
Nel Pd la guerra è rinviata, come testimoniano le (sole) sette astensioni nel voto finale in direzione nazionale. Non si è alzato il velo sugli errori e le responsabilità per la disfatta. I toni sono rimasti pacati, le parole misurate. Ha fatto eccezione il governatore De Luca, che ha imputato al partito un estraniamento e una degenerazione notabilare e clientelare. Un vero paradosso, consentito appunto dal silenziatore imposto al confronto. Diversamente, sarebbe emerso un caso Campania come punto emblematico della crisi, e una quota rilevante di responsabilità sarebbe stata certo imputata alle pratiche del deluchismo. La prima mossa del reggente Martina è un giro di assemblee nei circoli Pd in tutto il paese. Inizierà da Napoli Fuorigrotta, e bene si coglie il senso politico della scelta. È un territorio di forte e storico insediamento della sinistra, un tempo elettoralmente blindato. Il 4 marzo ha incoronato Roberto Fico di M5S con una percentuale stratosferica. Tuttavia, il giro di assemblee è una mossa essenzialmente di immagine. Martina richiama i 6000 circoli del Pd, e con i tempi che corrono il numero può fare anche impressione. Ma sono circoli vitali, o piuttosto stanze vuote, finestre chiuse, serrande abbassate? In tanti, troppi casi, è quel che si vede. Un tempo, nelle sezioni dei partiti - soprattutto a sinistra – fluiva quotidianamente la vita della comunità. Si discuteva di politica, ci si occupava dei problemi del quartiere, si litigava - a volte ferocemente – sugli organi dirigenti, sulle nuove tessere o sulle candidature, si praticavano forme di piccola e grande solidarietà. Col dissolversi dei partiti, i circoli sono rimasti spesso solo sporadicamente attivi per le campagne elettorali, magari subappaltati ai seguaci di questo o quel capetto locale. De Luca ha ragione, quando parla di estraniamento e degenerazione notabilare. Omette solo di esserne protagonista. Le assemblee sui risultati elettorali servono oggi a poco. Conta quel che si può fare dopo. E non si ritrovano dalla sera alla mattina una militanza e un radicamento territoriale perduti. Martina a Napoli Fuorigrotta e altrove farà una chiamata alle armi. Troverà le truppe? In gran parte dei casi, poche e male armate. Qui è il suo problema, perché il partito va rivitalizzato, e subito, soprattutto se si tornerà presto alle urne. Mentre la ricostruzione richiede un tempo non breve. Qualche nuovo tesserato eccellente può impressionare, ma non fa una vera differenza. Inoltre, una effettiva ricostruzione richiederebbe un azzeramento dei gruppi dirigenti, e in qualche caso anche del tesseramento. Il primo Renzi aveva promesso di impugnare il lanciafiamme, ma poi non si è visto nemmeno un cerino. Non meraviglia, visto che la leadership nel partito era – ed è - essenzialmente fondata su un assemblaggio di gruppi territoriali e dunque sull'appoggio dei cacicchi. È realistico un intervento radicale oggi, con la prospettiva di elezioni a breve, e col rischio di destrutturare ancor più il poco di organizzazione rimasta essendo i grumi di potere locale da colpire in chiave di pulizia tuttora decisivi nella battaglia per la segreteria? Infine, buona parte dei voti persi dal Pd sono andati a M5S. La sinistra fuori del Pd purtroppo non li ha intercettati, non avendo fatto le scelte a tal fine utili. Quei voti sono trasmigrati anche perché M5S ha trovato modi di presenza e militanza che hanno riempito il vuoto lasciato da partiti in via di disfacimento. Qualcosa di profondo è accaduto se un Di Maio passa dai 59 voti nel 2010 alle comunali di Pomigliano agli oltre 95.000 di oggi nel collegio uninominale. Se M5S saprà tradurre i nuovi consensi nelle istituzioni e nelle politiche, del Pd e della sua centralità perduta non ci sarà ragione di occuparsi, per un tempo non breve. In specie nell'ipotesi di un asse M5S-Lega per una nuova legge elettorale e voto al più presto. È un asse favorito dalle voglie renziane di Aventino nel Pd, e sarebbe solo un ultimo paradosso se ne venisse un impianto maggioritario volto a un inedito bipolarismo destra- M5S. Cambierebbe radicalmente la geografia politica del paese. Per il centrosinistra, e a sinistra, si frantumano certezze e si profilano momenti difficili. In attesa che ne vengano di migliori, ci permettiamo di consigliare al governatore De Luca qualche buona lettura per lenire le ambasce familiari. Ad esempio, Matteo, 7: 3-5: "Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo?". Ovviamente, non è il Matteo che lascia ma non molla. È quello originale.
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