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Il PD e la via della Costituzione
di Massimo Villone da Repubblica Napoli, 10-12-16
Un effetto collaterale e inatteso del referendum è stato il ritorno al voto di tanti, e il riaprirsi di un dibattito sulla politica e le istituzioni. Oltre alla conferma inequivoca di alcune verità. Come è stato rilevato, il Sì ottiene i migliori risultati nei centri cittadini e nei quartieri della borghesia: a Napoli, Chiaia e Posillipo. La sconfitta è invece netta e inequivocabile nelle periferie e nelle zone di disagio sociale, degrado e povertà. In termini più generali, tutto il mezzogiorno volta le spalle alla legge Renzi-Boschi, anche là dove la pressione di stampo clientelare per il Sì era stata esplicitamente auspicata. Al tempo stesso, l’adesione del Pd alla proposta riformatrice di Renzi è stata alta. Gran parte dei sì vengono dagli elettori di quel partito. È dunque vero che il referendum del 4 dicembre è stato sociale oltre che costituzionale, e che il voto ha bocciato il governo insieme alla legge costituzionale Renzi-Boschi. Come è chiara la mutazione genetica del Pd, ormai volto ad essere pienamente erede della vecchia Dc, incluse le peggiori caratteristiche di quel partito. E fa impressione che di fronte a un risultato eclatante come quello referendario il Pd non avvii alcuna impegnativa analisi o discussione. Renzi congela il dibattito nella direzione nazionale, e tutto si traduce in una conta tra correnti. Reincarico a Renzi, oppure a Padoan, Franceschini, Gentiloni? Mattarella ha un percorso per una parte obbligato dal fatto che i numeri parlamentari sono sempre gli stessi, e da questo non si può prescindere. Ma non sfugge che rimettere in gioco il protagonista della sconfitta – Renzi – o chi ne ha sostenuto il percorso riformatore è di per sé un messaggio negativo per chi ha implicitamente posto col voto una domanda di discontinuità. Soprattutto quando obiettivo ineludibile è una nuova legge elettorale, resa indispensabile dal fatto che l’Italicum riguarda la sola Camera dei deputati, e che non può troppo contare sull’intervento salvifico della Corte costituzionale. Un pastrocchio che nasce, per l’arrogante certezza di vincere, dall’aver anticipato nella legge elettorale la soppressione del senato elettivo, poi smentita dal voto popolare. Paradossalmente, nel caso di reincarico o di governo fotocopia chi ha così fortemente voluto l’errore sarà chiamato a correggerlo. È vero – come ha scritto Guido Trombetti su queste pagine – che la perfetta legge elettorale non esiste. Ma anche questo ci mostra che è un miraggio l’obiettivo vagheggiato da Renzi di sapere chi ha vinto la sera stessa del voto. E che invece è preferibile il modello parlamentare di forma di governo posto dalla Costituzione vigente che consente alla politica di cercare soluzioni nella sede delle assemblee elettive quando gli equilibri politici del momento non consegnano ad alcuno una chiara vittoria. Qui il referendum sociale e quello costituzionale si fondono. Il No alla riforma costituzionale mantiene la rappresentatività del parlamento ed esclude l’asservimento all’uomo solo al comando. La necessità conseguente di rivedere l’Italicum consente di correggere l’eccessiva torsione maggioritaria aprendo alle voci e alla domanda sociale che vengono dal paese. Diventa così possibile ritrovare politiche di eguaglianza, solidarietà e tutela dei diritti, anche sotto la spinta dei referendum sul Jobs Act proposti dalla Cgil. Non c’è dubbio che in questo percorso si trovi un interesse diretto e primario del Mezzogiorno. Una domanda rimane. Saprà, o potrà, il Pd essere protagonista, nella nuova stagione che ora si apre? Saprà, o potrà, abbandonare i mantra che ne hanno segnato il progressivo abbandono della natura di partito popolare e di sinistra? Il dubbio è legittimo, e segna lo spazio in cui potranno collocarsi altri soggetti politici, come M5S o i frammenti della sinistra, se saranno capaci di costruire e condividere una nuova identità. Una cosa è certa. Il Mezzogiorno, le periferie, i quartieri del disagio sociale hanno votato bene. Smentendo i profeti di sventura e sgombrando il tavolo della politica dalle fritture di pesce, hanno detto che la via maestra è quella dell’eguaglianza, della solidarietà, dei diritti. In una parola, la via della Costituzione.
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