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Voto No, mi batto contro questo aspirante dittatore
di Giorgio Meletti
Intervista a Franco Grande Stevens "La cosa più grave è un presidente del Consiglio che minaccia l’elettorato: se non vince il sì al referendum ci sarà una crisi di governo. Chi dice una cosa del genere non ha proprio il senso della democrazia”. Franzo Grande Stevens, 87 anni, napoletano di origine ma trapiantato a Torino, è stato per una vita l’avvocato dell’Avvocato. Ha vissuto la liberazione dal fascismo e poi tutto il Dopoguerra ma dopo il 1945 mai, dice, “si era percepita una simile minaccia per la democrazia”. Cosa non le piace nella riforma costituzionale su cui dobbiamo votare a ottobre? Mi lasci premettere che io non sono un costituzionalista, la mia competenza è nel diritto commerciale. I costituzionalisti bravi sono i Gustavo Zagrebelsky e gli Stefano Rodotà, nettamente orientati per il no. Lasciando da parte la modestia, a ottobre si vota. Di questa riforma costituzionale ho un’idea pessima proprio perché vedo che si dice “o si fa questa riforma oppure il governo se ne va”. È una cosa gravissima. La costituzione, le regole fondamentali della convivenza, che tengono insieme la vita della comunità nazionale, si fanno e si decidono tutti insieme. Non si può influire su una decisione così delicata minacciando una crisi di governo. Soprattutto in un momento come questo. Quale delicatezza vede nel momento particolare. Abbiamo due problemi che a ottobre rischiano di diventare esplosivi. In primo luogo, tra poco ci sarà il referendum in Gran Bretagna per decidere sull’uscita dall’Unione. Se gli inglesi lasciano l’Europa avremo problemi enormi e rischiamo di trovarci nel momento più critico senza governo. Ancora più grande è il rischio che corriamo rispetto al fenomeno dei migranti. La situazione durante l’estate diventerà esplosiva. Matteo Renzi dice che se la maggioranza degli elettori dice no alla riforma, lui ritiene sconfitta la base politica su cui è nato il suo governo. È un atteggiamento che non ha niente a che vedere con la democrazia. Se uno propone una legge e non viene approvata, pazienza. Deve rimettersi alla volontà della maggioranza, sennò che cosa ci sta a fare la maggioranza? Tanto più che la maggioranza parlamentare che ha approvato questa riforma è stata molto ridotta. Invece Renzi ci minaccia dicendo come Luigi XV après moi le déluge, dopo di me il diluvio. Se cominciamo con discorsi del genere non ci comportiamo bene nei confronti dei cittadini a cui chiediamo il consenso. Detto del metodo, che cosa non la convince nel merito della riforma? La questione che lei chiama di metodo già di per se taglia le gambe alla possibilità di esaminare la riforma nel merito. Un tale ricatto in un momento così delicato già dispone a votare no. Proprio per difendere i principi democratici che l’atteggiamento di Renzi sta minacciando. Cosa c’è di antidemocratico nel chiamare gli elettori a esprimersi alle urne? Il pericolo lo vedo nel sistema dei messaggi semplificati. Quel parlare per slogan, sfruttando la propria facilità di parola oppure non controllandosi tanto, equivale al tentativo di influire sul pensiero degli elettori in modo subdolo. Non è l’atteggiamento che ti aspetti dal leader politico saggio, accorto, che non si sente superiore. Purtroppo questo modo di accattivarsi le simpatie è apprezzato da molti italiani che amano farsi irretire dall’oratoria pagliaccesca. Lo abbiamo già visto con Mussolini e Berlusconi. A proposito di Mussolini, cosa ne pensa della polemica sui veri partigiani che, secondo il ministro Maria Elena Boschi, voteranno Sì? La memoria della guerra di liberazione è un tema al quale sono sensibile. Durante la guerra mia mamma, cittadina inglese, fu messa in campo di prigionia, io che ero in collegio a Montecassino sono scappato per le campagne, poi sono arrivati gli americani. E anche gli inglesi, e tra loro suo zio, il celebre colonnello Harold Stevens. Un personaggio molto popolare, la voce del Servizio Italiano di Radio Londra. Appena arrivato, all’epoca avevo sedici anni, mi portò a Sorrento per farmi conoscere Benedetto Croce, sfollato da Napoli a villa Tritone. Il colonnello si scusò con Croce del disturbo dato con i bombardamenti su Napoli e per averlo costretto a riparare a Sorrento. Lui rispose: Hic mihi praeter omnes angulus ridet, cioè aldilà di ogni cosa l’angolo che più mi sorride è questo, dove ho i libri e i documenti. Ho molti ricordi, anche amari. La mia famiglia ha avuto una vita molto difficile con i fascisti. E con questo vissuto che effetto le fa la discussione su partigiani veri e finti? Che c’entrano i partigiani? Chi era contro le dittature sarà naturalmente contro coloro che pretendono di fare i dittatori. Chi annusa la possibilità e la voglia da parte di qualcuno di impadronirsi del potere da solo e non democraticamente, come si batteva contro le dittature di un tempo per non essere un servo, come si è ribellato a Hitler e Mussolini, probabilmente si batterà anche contro questo novello aspirante dittatore. Lei usa parole molto dure e preoccupate. Ci sono stati momenti simili nella storia repubblicana? Mai. L’unico allarme del genere l’ho sentito con Berlusconi. Quello è stato un pericolo. Sono esperienze che non vorremmo ripetere.
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