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Una Nuova Costituzione dal Basso
di Aldo Pappalepore
intervento svolto a nome del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale Napoli all'incontro del 29 aprile all'Asilo su "Conflitti. Democrazia. Costituzioni La crisi della democrazia rappresentativa, del Parlamento e dei corpi intermedi dello Stato, a partire dai partiti e dai sindacati, insieme alla caduta delle ideologie non mercantili, ha determinato a partire da 30 anni a questa parte sia un rispetto ed un'attuazione sempre più parziali e ridotti dei principi fondamentali della Costituzione sia una sorta di estraneità se non di vero e proprio disconoscimento della Carta Costituzionale da parte di un gran numero di cittadini e di giovani in particolare. Se infatti democrazia rappresentativa, parlamento repubblicano, organizzazioni sociali e politiche delle diverse classi sociali costituivano per i combattenti ed i dirigenti politici della Resistenza, come per le diverse culture che essi esprimevano, i pilastri su cui si reggevano i principi fondamentali della Costituzione quali la libertà, l'uguaglianza, l'etica, la persona e soprattutto la partecipazione dei cittadini al governo ed alla vita democratica del Paese; oggi non è più così e …..... la situazione è ben diversa. Il forte astensionismo; il carattere nominativo e non elettivo dei parlamentari così come il loro trasformismo; la funzione di fatto ormai notarile e non più legislativa del Parlamento; l'omologazione delle politiche economiche, sociali, ambientali ed istituzionali dei vari grandi partiti ......... ormai tutte subalterne agli interessi delle banche e della finanza internazionale e comunque lontane dai bisogni delle persone; l'indebolimento e la burocratizzazione dei maggiori sindacati;; sono tutte evidenze dello sfarinamento attuale dei pilastri costituzionali del '48 e della necessità di intervenire su di essi per la difesa e l'attuazione della prima parte della Costituzione a partire dall'affermazione del valore e del diritto-dovere della partecipazione nelle strutture istituzionali e non, come negli strumenti democratici del Paese. Inoltre i nuovi equilibri geopolitici determinatisi dopo il 1989, la finanziarizzazione dell'economia, la globalizzazione, la nuova organizzazione e divisione del lavoro, i totem della crescita e del produttivismo, la reazione della oligarchia finanziaria alle conquiste del mondo del lavoro del triennio d'oro hanno determinato: che allo storico conflitto capitale-lavoro si sono aggiunti i conflitti capitale-ambiente e capitale-democrazia; che attraverso riforme fiscali non progressive, la privatizzazione dei servizi locali e la mercificazione dei beni comuni, sempre più risorse sono passate dai salari ai profitti, dal lavoro alle rendite; che nel mondo del lavoro sono diminuiti diritti e salari, che c'è un aumento strutturale del lavoro precario e della disoccupazione , così come della povertà assoluta e di quella relativa. Insomma rispetto al '48, al suo quadro storico, alle tensioni sociali ed ideali della Resistenza, all'aspirazione verso un nuovo Stato Democratico dei partigiani prima e dei costituenti dopo siamo in un'altra era economica, sociale e politica con altri conflitti, nuovi problemi strutturali, diverse tensioni sociali, altre aspirazioni verso un Nuovo Stato Democratico che garantisca il benvivere dei cittadini attraverso nuove istanze di partecipazione, di decentramento e di autogoverno dei territori, un'equa redistribuzione delle risorse, la salvaguardia dell'ambiente e della natura, una gestione partecipata dei beni comuni. Della Costituzione del '48 rimane assolutamente condivisibile l'impianto dei principi fondamentali e siamo quindi contrari ad ogni loro revisionismo, ma vanno aggiornate le modalità e gli strumenti per realizzarli. Accanto al lavoro salariato, divenuto ormai solo una mera merce sempre più mal pagata, precarizzata, annullata o sostituita dalle tecnologie, occorre considerare il lavoro volontario ed il suo rapporto col tempo libero e col rispetto della natura; bisogna prevedere, affianco a forme di democrazia rappresentativa, forme di democrazia diretta e partecipata, nuove istituzioni che passano necessariamente attraverso una nuova geografia istituzionale centrata sui comuni ai quali vanno assegnate le risorse e le funzioni (poteri) per il governo dei loro territori; al pareggio di bilancio bisogna sostituire il reddito minimo garantito; la salvaguardia dell'ambiente e del clima deve aggiungersi ai principi fondamentali così come occorre puntare ad una conversione ecologica dell'economia; va introdotto il concetto di bene comune e di una sua gestione partecipata. La controriforma Renzi/Boschi però vuole cambiare la Costituzione in modo diametralmente opposto alle nostre istanze: accentramento dei poteri e non una loro articolazione equilibrata, democrazia di appropriazione e non democrazia di partecipazione, dirigismo governativo e non autogoverno delle comunità e dei territori, espropriazione delle comunità dalla gestione del proprio territorio e dei suoi beni comuni. La controriforma Renzi/Boschi e l’Italicum rientrano appieno nella strategia antidemocratica e liberista (vedi i documenti del colosso finanziario Jp Morgan e della BCE) di abbassamento dei salari e dei diritti, di privatizzazione dei servizi locali, di mercificazione dei beni comuni, di svilimento delle autonomie locali e di annientamento di ogni voce di dissenso. Tale disegno autoritario non soltanto stravolge l’intero impianto della Costituzione repubblicana del '48, ma subordina agli interessi del mercato i diritti dei cittadini e dei lavoratori aprendo inquietanti scenari dal punto di vista sociale, economico ed ambientale. Una malaugurata approvazione referendaria di questa controriforma significherebbe tra l'altro costituzionalizzare le attuali pratiche renziane di commissariamento dei territori e renderebbe impossibili sia il ricorso che tempo fa abbiamo fatto contro il commissariamento di Bagnoli sia iniziative come quella della proposta popolare di legge regionale sul RMG, in quanto la riforma abolisce la legislazione concorrente. Contrastare quindi la controriforma non significa aggiornare oggi la nostra Costituzione nel senso prima indicato ma certamente significa evitare di fare ulteriori passi indietro, impedire che oggi essa venga cambiata in modo regressivo ed antidemocratico e che in Italia si riducano ulteriormente gli spazi democratici di partecipazione e di intervento dei cittadini. In una prospettiva di tipo storico la definizione più comune di una costituzione fa riferimento ad essa come "sorgente del diritto", da cui discendono le altre leggi. In una visione invece più dinamica e sociale di costituzione si evidenzia come essa sia una rappresentazione formalizzata dei rapporti di potere esistenti in quel periodo storico tra le varie classi sociali. L'evoluzione di questi rapporti di potere porta gradatamente ad uno scollamento tra la legge scritta e quella applicata. E' quello che è successo alla nostra Costituzione da circa 35 anni, e non come sappiamo in maniera per noi positiva e quindi prima di poter modificare la nostra Costituzione nella direzione che prima indicavo occorre modificare gli attuali rapporti di forza tra il 99% e l'1%, tra la l'alto della finanza internazionale e nazionale e della politica ad essa asservita ed il basso dei lavoratori, dei precari, dei giovani, dei poveri e degli immigrati e delle loro organizzazioni/comunità sociali, ambientaliste, di cittadinanza attiva e delle buone pratiche. L'aggiornamento e l'attuazione della Costituzione, a partire dal contrasto alla controriforma Renzi/Boschi, potrebbe allora rappresentare la traccia di un vero e proprio progetto sociale e politico, alternativo a quello dell'attuale classe dirigente ed allo smantellamento del nostro sistema di diritti. La sfida dei partigiani nella Resistenza trovò forma durevole nella Costituzione del '48 e riuscì a coniugare rivoluzione sociale e democrazia politica. Senza fare ovviamente accostamenti del tutto impropri penso che col tempo il popolo dell'acqua pubblica, del No-Tav, del No-Triv, del No-Inc, dei Rifiuti-zero, del contrasto al Job Acts, alla Buona Scuola, alle privatizzazioni, etc. possa dar luogo ad un blocco sociale che riesce ad imporre i suoi obiettivi, le sue leggi e, perché no, anche la sua Costituzione. Occorre intrecciare allora l'aggiornamento e l'attuazione della Costituzione, a partire dal contrasto alla controriforma Renzi/Boschi, alle mobilitazioni in atto, ai conflitti sociali nei territori, alle lotte sempre più diffuse (anche se frammentarie) dei lavoratori e dei cittadini a difesa del lavoro, del reddito e dell'ambiente, alle buone pratiche delle reti di economia sociale e solidale. Se allora, come penso, lottare contro le "mani sulla città" di Renzi/Nastasi sul territorio napoletano di Bagnoli, contro il Jobs Act, contro la buona scuola, contro le trivellazioni e contro le privatizzazioni e lottare contro la riforma costituzionale Renzi/Boschi e contro l'Italicum fanno parte della stessa battaglia contro il neoliberismo ed i suoi regimi autoritari, è necessario unificare in una unica stagione di lotta i referendum sociali e quelli contro la controriforma Renzi/Boschi e l'imbroglio elettorale dell'Italicum. Si tratta cioè di sviluppare una grande battaglia referendaria che mobiliti tutti i cittadini sensibili alla difesa della democrazia e dei valori/diritti previsti dalla nostra Costituzione. Bisogna costruire dal basso una mobilitazione, che veda protagonisti innanzitutto i ceti popolari e le giovani generazioni, ed una campagna di resistenza democratica sia contro le leggi ordinarie approvate negli ultimi mesi quali lo Sblocca Italia, il Jobs Act, l'Italicum, la Buona Scuola, la legge di Stabilità e quella di privatizzazione dell'acqua sia contro le riforme costituzionali del governo e per un'attuazione aggiornata dei principi sanciti dalla Costituzione.
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